
Rubrica "Un'antenna nella Silicon Valley" a cura di Nicolò Spiezia
Augmented Reality
Intervista con Alberto Tono, laureato presso l’Università di Padova ed attualmente intern presso la sede di Hok a San Francisco

Per cinquant’anni siamo stati intrappolati in due dimensioni, con dispositivi di input piatti, come mouse, trackpad e touchscreen, uniche finestre nel mondo digitale. Ma ora la Realtà Aumentata sta aprendo scenari completamente nuovi, portando sia il lavoro che il gioco in un ambiente 3D vero e proprio.
Come questa tecnologia potrà cambiare il modo in cui noi esseri umani interagiamo con lo spazio circostante?
Ne parliamo oggi con Alberto Tono, giovane laureato presso l’Università di Padova ed attualmente intern presso la sede di Hok a San Francisco, società leader nella progettazione integrata dove architetti e ingegneri si trovano a collaborare a stretto contatto per ideare edifici sempre più innovativi e sostenibili.
Alberto, innanzitutto, che cosa si intende con Realtà Aumentata?
Riprendendo la definizione data da Azuma ancora alla fine del secolo scorso, la realtà aumentata è una tecnologia che prevede la sovrapposizione ininterrotta di immagini virtuali (cioè generate da un software) nel mondo reale, in modo tale che il contenuto virtuale sia allineato con oggetti reali, con i quali può sussistere una interazione effettiva.
Un episodio, vissuto personalmente circa 2 anni fa può rendere l’idea e semplificare il concetto di cosa sia la AR. Almere è una città olandese triste e desolata, solitamente tranquilla (non assediata da turisti come la vicina Amsterdam). È il 6 luglio 2016 e la cittadina è letteralmente invasa da “visitatori” provenienti da ogni dove. Una moltitudine di persone che camminano senza meta, si scontrano, mi urtano ed io spazientito ed al tempo stesso incuriosito (come potevo non essere a conoscenza di un evento di quelle dimensioni!?) riesco a bloccare un passante e questo velocemente mi risponde che proprio ad Almere si trova un Pokemon leggendario. La Realtà Aumentata entrò, da allora, nella vita di ogni giorno attraverso un gioco. Il gioco è sicuramente il veicolo migliore per avvicinare le masse ad un prodotto altamente tecnologico e complesso.
Che differenze esistono tra realtà “Aumentata” e “Virtuale”?

Se da un lato con la realtà virtuale non si ha la consapevolezza dello spazio circostante in quando gli HMD (Head Mounted Device) ne impediscono la visione, con quella aumentata è possibile osservare anche le persone che ci scherniscono nel guardarci gesticolare nell’etere.

A livello tecnologico la parte riferita alla realtà aumentata non é del tutto matura, sicuramente alcune applicazioni possono adottare soluzioni che contemplino l’utilizzo di questo strumento anche se alcune problematiche come: l’occlusion, hands interaction and tracking, semantic recognition dello spazio, esperienze multi-users devono ancora trovare soluzioni efficaci.
Come la realtà aumentata impatterà nel design architettonico?
Uno degli utilizzi immediati riguarda sicuramente la parte legata al marketing e alla visualizzazione del progetto. Sicuramente rendere i nostri disegni 2D più facilmente comprensibili con una rapida occhiata costituisce un enorme vantaggio.
Altri use-case possono riguardare addirittura il completo ripristino degli odierni monitors, con la AR (Augmented Reality) possiamo servirci di infiniti “schermi” nel nostro spazio virtuale, possiamo effettuare skype call direttamente attraverso i nostri headset e comprendere pienamente il modello 3D su cui stiamo lavorando. Anche se un po’ datato mi piacerebbe condividere il keynote dell’AWE di Meta, una delle aziende leader nel settore.
Ho avuto modo di testarlo e sembra davvero promettente.
Come sia possibile integrare la realtà aumentata con i processi di modellazione informativa BIM (Building Information Modeling) nel settore delle costruzioni, risulta essere un argomento molto ostico e complesso. Si tratta della sovrapposizione di alcune informazioni: costo, materiale, analisi termiche, solari ecc sullo spazio circostante in modo da avere una maggiore e più profonda interazione con l’ambiente. Si cerca di creare una sorta di gemello digitale, del modello reale, attraverso sensori e dispositivi IoT. Il concetto di Digital Twin si riferisce ad una replica digitale di beni, processi e sistemi fisici che possono essere utilizzati per vari scopi. La rappresentazione digitale fornisce sia gli elementi che le dinamiche di come un dispositivo Internet of Things funziona e vive durante il suo ciclo di vita.
I gemelli digitali integrano l’intelligenza artificiale, l’apprendimento automatico e l’analisi del software con i dati per creare modelli di simulazione digitale che si aggiornano mentre le controparti fisiche cambiano. Un gemello digitale impara continuamente e si aggiorna da più fonti per rappresentare il suo stato quasi istantaneamente. Questo sistema di apprendimento, si serve dei dati che i sensori trasmettono riguardanti i vari aspetti delle sue condizioni operative.
Quali saranno gli sviluppi attesi nei prossimi anni?
Sono molto curioso di vedere le soluzioni che Apple, Amazon e Magic Leap proporranno a fine anno.
Al momento ho avuto modo di vedere delle soluzioni davvero sbalorditive: Hololens,Metavision e Mira. Come continua a ripetere il Design and Technology Manager qui presso HOK, Cesar Escalante: “Queste tecnologie saranno parte di una nuova .com revolution e quando accadrà, accadrà davvero velocemente, quindi è fondamentale essere pronti con largo anticipo.” Alcuni esempi presenti oggigiorno a mio avviso sono molto significativi. Microsoft sta rendendo possibile la scansione 3D e l’inserimento di ologrammi in ambienti di AR.

Qui ad HOK stiamo cercando soluzione basate sul Web, ed ecco qui un video che vi mostra una app che realizzato allo scorso Creativity Hackathon in Los Angeles, al quale ho avuto l’opportunità di partecipare.
Per quanto riguarda gli sviluppi futuri mi limito volentieri a riportare i dati collezionati da ARtillery.
Si pensa che questo mercato sarà maturo nell’arco di 5 anni, producendo un giro d’affari di circa 80 miliardi di dollari.
“Un’antenna nella Silicon Valley” è una rubrica di Unismart che racconta i trend più innovativi della Silicon Valley, le nuove start-up emergenti e le storie delle menti più brillanti. Nicolò Spiezia ha conseguito il PhD presso l’Università di Padova, è stato Visiting Researcher presso Stanford University e Fulbright BEST Fellow alla Leavey School of Business presso la Santa Clara University. La sua attività di lavoro e ricerca verte nello sviluppo di algoritmi e modelli matematici. È un appassionato di Numerical Simulation, Machine Learning e High Performance Computing.