
Rubrica "Un'antenna nella Silicon Valley" a cura di Nicolò Spiezia
ZeroToDeepLearning Bootcamp
Intervista con Francesco Mosconi, Alumnus UniPD, Founder di Catalit nonché ideatore e docente del Bootcamp “ZeroToDeepLearning”
A cavallo tra Febbraio e Marzo, Nicolò Spiezia, autore della rubrica “Un’antenna nella Silicon Valley” per Unismart, ha avuto modo di partecipare alla prima edizione del Bootcamp “ZeroToDeepLearning”, un corso intensivo per insegnare a chi già possiede delle buone basi di programmazione e matematica tutti i segreti del Deep Learning.
Il corso, svoltosi a San Francisco, è stato una vera e propria full immersion: i partecipanti hanno infatti imparato, in soli 5 giorni, a realizzare un piccolo progetto di Artificial Intelligence, utilizzando il linguaggio di programmazione Python e alcuni famosi applicativi come Jupyter, Scikit Learn, Keras e Tensorflow.
Ormai tutti i giorni sentiamo parlare di Artificial Intelligence e Machine Learning ma non tutti sanno esattamente di cosa si tratti e quali siano le applicazioni e potenzialità per le imprese.
Nicolò ha intervistato per noi Francesco Mosconi, Alumnus UniPD, Founder di Catalit nonché ideatore e docente del Bootcamp “ZeroToDeepLearning”. A lui ha rivolto alcune domande chiave per sapere cosa ne pensa un “veterano” della Silicon Valley.
Caro Francesco, partiamo proprio dalle basi. Qual è la differenza tra Artificial Intelligence, Machine Learning e Deep Learning?
In realtà le cose sono più semplici di quello che sembrano. Tutte e tre sono tecniche che permettono alle macchine di lavorare in maniera autonoma. Non vi è una netta distinzione tra una tecnica e l’altra, le possiamo piuttosto immaginare come cerchi concentrici.
Con Artificial Intelligence, l’insieme più esterno e perciò più ampio, si intende lo studio di “agenti intelligenti”, ovvero sistemi che percepiscono l’ambiente circostante e prendono decisioni con l’obiettivo di massimizzare le proprie chance di successo nel raggiungere determinati obiettivi.
Ad oggi avere degli agenti intelligenti in grado di risolvere in maniera autonoma ogni tipo di problema non è ancora possibile ma prima o poi ci arriveremo. Va però detto che se consideriamo dei sottoproblemi più semplici, come ad esempio imparare a classificare degli oggetti in base alla loro immagine fotografica, oppure tradurre un testo dall’italiano all’inglese, o ancora prevedere un certo evento sulla base di informazioni storiche precedentemente acquisite, allora abbiamo già dati e potenza di calcolo sufficienti per assolvere a tali compiti anche con performance migliori di quelle umane.
In questi specifici casi, è però più corretto parlare di Machine Learning, ovvero di algoritmi (software) in grado di imparare autonomamente a svolgere certi specifici compiti, sulla base di un opportuno addestramento della macchina che viene fatto a monte, fornendo alla stessa un’ampia serie di dati storici reali sui quali “allenarsi”… In altre parole, il Machine Learning è una particolare tecnica di Intelligenza Artificiale, la cui particolarità è quella di saper imparare da grandi moli di dati. Tornando al caso degli insiemi concentrici di cui prima, il Machine Learning è una sottocategoria dell’Intelligenza Artificiale.
Vi è infine una particolare branca del Machine Learning che prende il nome di Deep Learning, una particolare categoria di algoritmi che sfrutta l’enorme vantaggio fornito dalle Reti Neurali, ovvero algoritmi che in un certo modo ricalcano ed emulano la struttura cerebrale ed il funzionamento di un cervello umano. Negli ultimi anni le applicazioni di Deep Learning hanno dato risultati straordinari.
Figura 1. La relazione reciproca che lega le tecniche di Artificial Intelligence, Machine Learning e Deep Learning.
In quali ambiti ritieni che l’Artificial Intelligence possa avere un maggior impatto?
A mio avviso l’AI è destinata ad essere presente in ogni attività umana, e la sua diffusione non sarà necessariamente lenta e graduale. Negli ultimi anni si è partiti da mansioni più semplici da automatizzare, come alcuni lavori manuali: è questo il caso di Baxter, un robot in grado di imparare ed eseguire azioni meccaniche e ripetitive normalmente compiute da operatori umani nelle catene di montaggio industriali.
Più recentemente si è passati all’esecuzione di lavori di segreteria e ufficio, come ad esempio la gestione dell’agenda e la prenotazione di appuntamenti in calendario, la ricerca di casi precedenti per uno studio legale, la scrittura di minute di una riunione e così via.
Nei prossimi anni prevedo che si arriverà ad intaccare mansioni e compiti riconducibili al lavoro di professionisti come avvocati, commercialisti e medici.
Fa riflettere come si tratti di professioni considerate tradizionalmente “sicure” e che invece stanno per subire una vera e propria rivoluzione. Un altro ambito dove l’AI avrà un impatto determinante è quello della robotica, intesa come robotica domestica e industriale. Penso ad esempio ad auto e camion a guida autonoma ma anche a robot in grado di condurre delicate operazioni chirurgiche.
Oltre a questi campi di applicazione più “scontati”, un altro ambito estremamente interessante e dove sono attesi grossi passi in avanti è quello dello sviluppo informatico e della programmazione: l’AI ci aiuterà a scrivere software. Questo trend da un lato facilita e automatizza le attività più monotone e ripetitive dei programmatori, dall’altro permetterà di scrivere codici di maggior qualità, che a loro volta saranno alla base del funzionamento di AI più performanti.
Andrew Ng, uno dei maggiori esperti nel settore, paragona l’avvento dell’AI alla rivoluzione portata dalla scoperta dell’elettricità. Secondo te si tratta di una moda del momento o Andrew Ng ci ha visto bene?
La situazione è molto più seria e degna di attenzione di quanto non si pensi. A mio avviso siamo di fronte ad una rivoluzione che toccherà e cambierà ogni cosa che facciamo. Le implicazioni sociali, politiche ed economiche saranno enormi, sia in termini di perdita di posti di lavoro umani che di utilizzo “negativo” delle tecnologie a disposizione (si pensi all’impiego dell’AI in ambito militare). Non voglio però essere pessimista e, a mio avviso, l’AI cambierà il nostro mondo decisamente in meglio! Permetterà di compiere diagnosi mediche molto più rapidamente, scoprire nuovi farmaci per risolvere malattie ad oggi incurabili, ridurrà enormemente gli incidenti stradali e le frodi finanziarie, accorcerà i tempi della burocrazia e ci permetterà di prevedere eventi e disastri naturali.
In conclusione, ci sono le premesse sia per fare un buon uso che un cattivo uso dell’Artificial Intellligence. Sarà compito di tutti noi fare in modo di perseguire con decisione una strada piuttosto che l’altra e fare in modo che il maggior numero di persone possa beneficiare di questa fantastica rivoluzione.
“Un’antenna nella Silicon Valley” è una rubrica di Unismart che racconta i trend più innovativi della Silicon Valley, le nuove start-up emergenti e le storie delle menti più brillanti. Nicolò Spiezia ha conseguito il PhD presso l’Università di Padova, è stato Visiting Researcher presso Stanford University e Fulbright BEST Fellow alla Leavey School of Business presso la Santa Clara University. La sua attività di lavoro e ricerca verte nello sviluppo di algoritmi e modelli matematici. È un appassionato di Numerical Simulation, Machine Learning e High Performance Computing.